Un video della durata di cinque minuti circa ma di grande intensità.
Il video è stato creato dallo scrittore e regista londinese Gary Turk.
Con questo strumento di comunicazione, il regista ci vuole far riflettere sull'isolamento che viviamo ai giorni d'oggi dovuto al frequente uso dei mass media, in particolare ai social network.
Ci evidenzia la difficoltà nel comunicare con le persone che ogni giorno ci troviamo davanti e la scomparsa della comunicazione tra di noi.
Isolamento che porta ad isolarci in noi stessi nonostante ci troviamo in una stanza con presenti centinaia di persone.
Ci esorta a "stare vicini ai nostri amici" in modo da trovarci in futuro con dei punti saldi di riferimento specie nel momento del bisogno.
Lo scrittore ci suggerisce un comportamento da adottare:
"Se sei in pubblico e ti senti solo, stai lontano dal telefono, apriti all'altro ed impara a coesistere".Turk parla di isolamento sociale dovuto alla tecnologia, ma allo stesso modo possiamo parlare di isolamento sociale dovuto proprio a questa "paura di aprirsi all'altro"..che altro non è che il suggerimento che lo scrittore ci offre.
Paura che ritroviamo anche nel mondo della disabilità: abbiamo paura di relazionarci con l' "Altro diverso da me" ed ecco che portiamo quest'altra persona all'isolamento; ecco che diventiamo parte della causa di distacco di quella persona dal mondo che la circonda.
Lo scrittore afferma:
"il mio problema è la differenza tra il guardare nei loro occhi o un nome sullo schermo."
Probabilmente oggi guardare un nome sullo schermo è più facile del guardare gli occhi della persona che ci troviamo davanti.
Dovremo invece ricercare e ritrovare lo sguardo anche della persona disabile; sguardo che è pieno di risorse, colmo di modi diversi di comunicazione; sguardo che dobbiamo saper vedere.Persone che non hanno bisogno dei social network o di smartphone per sentirsi circondati da amici; persone che hanno bisogno invece di sorrisi sinceri, risate serene, momenti di divertimento e (perchè no?) anche di momenti di riflessione.
Il regista ci dice ancora:
"Lo strumento che noi chiamiamo "social" è tutt'altra cosa se da una parte apriamo i nostri computer e dall'altra chiudiamo le nostre porte."
Dovremo imparare quindi a diventare parte attiva della vita di queste persone senza aver paura di relazionarci con loro, cercando di trovare quelle che sono le loro risorse.
Dovremo aprire le nostre porte anche a tutte le persone (conosciute e non) che incontriamo quotidianamente.Ci può sembrare scontato, ma sono proprio i gesti più piccoli che possono rendere qualcuno felice anche solo per pochi secondi; secondi che potrebbero cambiare la giornata di quella persona a cui abbiamo sorriso.
Solo così sapremo dare il meglio di noi stessi facendoci strumento di serenità per chi incontriamo durante il nostro cammino.
Fonte video: You Tube.
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